Fagiana Dom Mag 08, 2016 8:44 pm
Io invece ho finito, sbocconcellandolo svogliatamente, Pony Island.
Non mi ha convinto. Idea di per sé meno esaltante che sulla carta, sviluppata senza particolare creatività, inoltre è brevissimo.
Lascio qualche impressione a caldo, probabilmente viziata dal fatto che non mi sono disturbato a esplorare con particolare approfondimento il gioco e potrebbero esserci segreti e finali alternativi di cui ignoro l'esistenza, ma credo di potere parlare con sufficiente sicurezza circoscrivendo adeguatamente le mie considerazioni.
Per via della sue marcate intenzioni metavideoludiche, la grafica retrò e il mood, viene spontaneo associarlo ad Undertale (come del resto ho visto fare in più di una recensione). Ora, senza voler giudicare Pony Island esclusivamente alla luce di UT, il confronto fa comunque emergere alcune delle caratteristiche di Pony Island secondo me meno convincenti.
In Undertale la dimensione metavideoludica è fondamentale, ma essa scaturisce, senza sopraffarli, da una trama, da una caratterizzazione dei personaggi e da un gameplay sufficientemente profondi da garantire un'esperienza di gioco appagante tanto dal punto di vista diegetico quanto da quello extradiegetico. Detto in altri termini, giocando ad Undertale è possibile essere portati a ragionare sulla natura del mezzo videoludico, sul ruolo e sull'etica del giocatore rimanendo però sempre immersi in una storia articolata e appassionante e un mondo di gioco ricco di particolari popolato da personaggi vivi e vibranti quanto basta - il metavideoludico al contempo emerge ed è al servizio di un'esperienza ludica e narrativa soddisfacente in quanto tale.
Pony Island non è altrettanto brillante. Innanzitutto credo sia più corretto parlare di "pseudo-metavideogioco" perché in realtà non si esce mai dal cerchio magico tracciato dal suo universo narrativo e dal gameplay nonostante i presupposti.
Nel gioco si impersona un giocatore all'interno di una sala giochi, alle prese con il cabinato di "Pony Island", che ben presto si scopre essere posseduto dal demonio. Da qui si dovrà cercare di contrastare il maligno modificando il gioco stesso (intendo il gioco del cabinato) alterandone il codice. A prima vista sembra di assistere ad una vivisezione dei meccanismi del medium stesso, ma in realtà tutto rimane schiacciato al livello della progressione del gioco, in modo molto guidato e prestabilito. In sostanza si tratta di un avanzamento tra sezioni platform (piatte e ripetitive) e puzzle (più interessanti e impegnative) sullo sfondo di una sfida dai toni creepy e twisted contro un'intelligenza artificiale volta a contrastarti, in un immaginario satan-esoterico decisamente inflazionato. Non si esce mai da questo contesto sì da permetterne una visione dall'alto, nemmeno tenendo in conto il secondo livello narrativo del frequentatore della sala giochi, che sembra essere legato a Pony Island in qualche modo misterioso.
Ne risulta quindi un gioco secondo poco ispirato e discretamente noioso che non si mi sento di consigliare. Proverò a rigiocare in modo da vedere se le partite successive sono in qualche modo influenzate dall'esito della prima.