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    La scienza postmoderna

    AkiraSakura
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    Messaggio  AkiraSakura Mer Apr 13, 2016 6:23 pm

    Zitto e calcola, diceva Feynman negli anni '60. Grazie alla guerra, lo sviluppo del radar aveva permesso di impiegare nuove tecnologie per realizzare un'esperimento epocale, quello del Lamb Shift. Da questo evento nasce la fisica dei campi di particelle, e tutto si fa molto, ma molto complicato. Vengono inventati calcolatori grandi come stanze per effettuare i conti, la ragione umana si scontra contro enormi problemi quali la rinormalizzazione delle teorie di gauge - tra l'altro risolto da t 'Hooft e Veltman in un modo che farebbe rivoltare le budella ai matematici.

    A questo punto, la scienza e' diventata talmente complicata che lo scienziato deve diventare per forza uno specialista, uno che non ha neanche tempo d'informarsi sul come e sul perche' delle cose. Deve stare zitto e calcolare, le informazioni sono troppe. Nasce la fisica dei sistemi complessi, che tratta biologia, economia e altri campi del sapere inquadrandoli mediante un'approccio piu' fisico e statistico di quello tradizionale, in modo tale da evitare la perdita di informazioni.

    Negli anni '80, si consolida quella che secondo me e' la teoria scientifica postmoderna per eccellenza: la teoria delle stringhe. Essa e' la teoria di campo delle particelle piu' generale possibile, un grande calderone in cui vengono mescolate relativita' generale, modello standard, patate, prezzemolo ecc. Secondo molti scienziati brillanti - non soltanto specialisti, ma anche filosofi della scienza -, e' il capolinea dell'attuale paradigma scientifico, la "fine della storia" delle teorie di campo. Da piu' di vent'anni, gli scienziati continuano a studiarla, ma ahime' non fornisce alcuna previsione e risulta inattaccabile e non falsificabile. Alcuni studenti dottorandi che studiano stringhe non sanno manco chi e' Popper, e si limitano a stare zitti e calcolare senza fare troppe domande. Diventa tutto un accumulare dati su dati senza alcun finalismo, a prescindere dal vecchio metodo sperimentale di Galilei. E il sistema accademico si fa sempre piu' nozionistico, conservatore e settoriale.

    Questo era soltanto un esempio, ma la "postmodernizzazione" della scienza tocca anche gli altri campi. Studenti e professori "animalizzati" non si fanno piu' domande, ma proprio come nella peggiore delle ipotesi espresse da Kuhn, rimangono fermi nel paradigma vigente senza avere ne' i mezzi ne' i dubbi necessari a superlo, dacche' loro sono cambiati e la scienza si e' fatta talmente settoriale e complessa che si e' persa una visione d'insieme di essa. La scienza e' diventata postmoderna, pure lei.

    A peggiorare la situazione, le riviste scientifiche attuano cattive modalita' di pubblicazione e selezione. Un mio conoscente che aveva fatto la tesi al CERN mi aveva detto che alcuni americani avevano creato un programma adibito alla scrittura di articoli scientifici nonsense su stringhe e quant'altro, con lo scopo di inviarli a qualche rivista, anche famosa. Ovviamente alcuni di questi scritti erano stati accettati (!). Un ricercatore ci scrive un libro sopra, chiedendosi se la scienza sia malata.

    La scienza, da tentativo di comprendere la natura e l'universo con gli occhi di un bambino e il cervello di un adulto, si e' trasformata in una archivio di dati abnorme. E pure gli scienzati sono cambiati, automatizzandosi per necessita' e trasformandosi in robot-calcolatori che non pensano e non si fanno troppe domande. Fortunatamente, qualcuno sveglio come Carlo Rovelli c'e' ancora.
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    Messaggio  Fagiana Gio Apr 28, 2016 11:26 pm

    Sto leggendo in questi giorni il recentissimo "Neuroscienze e spiritualità" (2014), curato da Franco Fabbro ed edito da Astrolabio Ubaldini. Nei primi capitoli si fa una breve carrellata sulla storia della filosofia occidentale e della scienza moderna, e si parla di come proprio dall'esperienza di tendenze come il riduzionismo e fisicalismo si può arrivare a sentire la necessità di un'integrazione della filosofia all'indagine scientifico-sperimentale, essendo la prima aperta per definizione (o almeno dovrebbe) all'intera esperienza umana, mentre la seconda già di per sé circoscrive un ambito più limitato. In particolare il filosofo può essere utile a riconoscere i substrati epistemologici che sottendono alle diverse linee di pensiero all'interno di un ambito di scienza.

    Viene inoltre proposta l'idea di una "federazione di conoscenze", in cui le discipline tanto umanistiche quanto scientifico si coadiuvano e traggono vantaggio l'una dell'altra verso lo scopo di una comprensione il più possibile completa dell'esperienza umana nel suo insieme, vista non solo come il risultato contingente di una serie di fenomeni fisici come suggerisce il riduzionismo.
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    Messaggio  AkiraSakura Mer Mag 11, 2016 10:42 pm

    Fagiana ha scritto:comprensione il più possibile completa dell'esperienza umana nel suo insieme

    Il problema imho è che l'uomo rimane sempre uomo, ovvero un animale goffo e narcisista non completamente in grado di sfruttare al massimo le sue potenzialità intellettuali. Una grande sintesi di tutti i tipi di pensiero, da mistico a filosofico sino a quello scientifico, mi sembra al di fuori della portata del nostro essere, a meno che non ci evolviamo ulteriormente in una supermente alla Childhood's End o qualcosa del genere. E poi c'è l'animalizzazione postmoderna, che sta colpendo tutti i campi del sapere, e c'è l'anti-intellettualismo, che sta prendendo sempre più piede sia tra le masse che nello stesso ambito accademico - come facevo notare nel mio primo post.

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